L’ONU ha definito quella del Darfur una delle più gravi crisi mondiali. Eppure se ne parla poco. Trecentomila morti e due milioni di sfollati. Cui si aggiungono quelli che scappano dalla Somalia e dall’Eritrea. Tutti, attraverso il deserto della Nubia, raggiungono l’Egitto. Da dove tentano di andare in Europa e, da qualche tempo, in Israele. A questi ultimi è dedicato il documentario Terra Promessa (sul sito www.coordinazionedarfur.org è possibile vedere il trailer) realizzato da Raphael Broniatowski, coordinatore dell’Operazione Darfur attuata dal Comitato Provinciale della CRI di Padova in collaborazione la Stultiferanavis e il Segretariato Italiano Studenti di Medicina. Broniatowski si è recato in Israele e con l’aiuto dei suoi fratelli Simon e Mathias, del Magen David Adon (società sorella della C.R.I.) e dell’Israeli Coalition for Darfur, (coordinamento tra le associazioni che operano per il Darfur) ha girato il documentario che narra la storia di chi raggiunge Israele per sfuggire a un destino di miseria e morte. Ha incontrato profughi e volontari a Tel Aviv. Si è recato nel deserto del Negev, dove ha parlato con i soldati che pattugliano il confine con l’Egitto. A Eilat, sul Mar Rosso, ha intervistato John e Tesfa due giovani asmarini in fuga dal loro paese. Uno dei due era militare dall’età di otto anni e se tornasse in patria, sarebbe fucilato. I due raccontano tutte le varie fasi del viaggio. Dall’Eritrea al Sudan a piedi attraverso il deserto: senza acqua e senza cibo. Hanno raggiunto l’Egitto in macchina, corrompendo i soldati al confine. Poi sono stati accompagnati alla frontiera con Israele e dopo averla attraversata, hanno atteso sulla ROAD 10 (la strada che segna il confine tra Israele ed Egitto) di essere intercettati da una pattuglia di Tshal. I soldati israeliani hanno l’obbligo di assistere i profughi, infatti, i due sono stati condotti in una base militare. Dove hanno ricevuto cure, viveri e vestiario e, per la prima volta dopo cinque mesi, si sono lavati. Per i profughi sudanesi il problema è più delicato, perché essendo il Sudan in guerra con Israele, formalmente sono nemici. Ma, come dirà nel filmato Alon - un giovane politico israeliano - essi non trovano in Israele tutto quel male con cui il paese è descritto. John e Tesfa hanno paura, perché se in Eritrea si sapesse della loro fuga, i genitori sarebbero arrestati. Sperano, però, di poter restare in Israele. Raphael incontra Tamir e Bella, due signore di Tel Aviv, che hanno creato un’associazione per aiutare gli immigrati. Grazie a loro, infatti, John e Tasfa hanno trovato lavoro in un albergo di Eilat. Tamir e Bella hanno chiamato la loro associazione Tamirbella o come dicono scherzando in italiano: “T’ami bella”. L’esodo dall’Africa, causato da guerra e miseria, è inarrestabile. Solo una politica globale concertata tra stati potrà risolvere il problema e colpire chi lucra sulle tragedie di milioni di uomini.
Tonino NOCERA
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