sabato 30 gennaio 2010

ASSOCIAZIONE PER IL COMMERCIO ITALO-MONGOLA

BILANCIO DELL’ANNO PASSATO, E PROSPETTIVE PER QUELLO NUOVO
di Michele De Gasperis - Presidente dell’Associazione per il Commercio Italo-Mongola

Il 2009 è stato il primo anno di attività di ASSOCIM nel suo nuovo assetto, dopo che il gruppo che oggi presiedo ne ha assunto il controllo e rilanciato l’azione. E’ stato un anno di lavoro di selezione e comunicazione, di analisi di mercato e di contatti istituzionali, di miglioramento del grado della conoscenza di un paese di cui sono ancora poco note le opportunità di investimento e di implementazione dei contatti con le istituzioni di Ulaanbaatar.

Non c’è ancora un’Ambasciata mongola a Roma, e nel 2009 è stato nominato un nuovo Ambasciatore con sede a Vienna. ASSOCIM ha iniziato a collaborare attivamente con Sua Eccellenza ENKHSAIKHAN Jargalsaikhan e nel corso del 2010 svilupperà ulteriormente questi rapporti. Parimenti, sono stati avviati i contatti con le associazioni italiane che si occupano bene di veicolare alcuni aspetti turistici e culturali della Mongolia. Inoltre, abbiamo incontrato istituzioni locali, nazionali ed internazionali operanti nell’area regionale asiatica, nonché diversi aggregatori di aziende che operano nei principali settori di import/export della Mongolia.

Tra le istituzioni ci sono il Ministero degli Affari Esteri; il Ministero dello Sviluppo Economico; l’ICE; Confindustria; Simest; Sace; l’UNIDO; Confcommercio; Confapi; Unacoma, Assomineraria, Ance ed altri.

Uno dei nostri principali canali di comunicazione e strumenti di marketing è il nostro sito www.associm.com. Inoltre, grande importanza diamo alla newsletter che ospita le notizie, opportunità e contributi (articoli, interviste, documenti) sul ponte tra Italia e Mongolia, mensilmente inviata a circa 300 personalità istituzionali che operano in materia di internazionalizzazione e tematicamente nei principali settori di import/export interessanti per la Mongolia. La newsletter oggi è inviata anche a circa 4.000 aziende in tutta Italia interessate al paese ed ai settori di investimento specifici. Tra i servizi che forniamo ai nostri soci, uno dei prodotti più interessanti è la business guide della Mongolia, uno strumento molto utile che descrive le opportunità del paese.

Molto stretti sono i rapporti di collaborazione con i responsabili istituzionali dell’Italia sull’area Asiatica di cui la stessa Mongolia fa parte. A titolo di esempio, citiamo istituzioni come l’Ambasciata Italiana di Pechino, l’Istituto Italiano di cultura e l’ufficio ICE alla Camera di Commercio Italiana in loco. Parimenti, l’anno appena terminato ha visto stringere sempre più i rapporti con le principali istituzioni mongole che si occupano di commercio ed internazionalizzazione.

Sempre nel 2009 abbiamo stipulato una collaborazione – che si traduce in interessanti vantaggi per i nostri associati - con Cariparma, che a sua volta è partner della BEI in un accordo internazionale che riguarda garanzie e condizioni favorevoli nei confronti delle banche di alcuni paesi tra i quali c’è anche la Mongolia.

Molto produttive sono state le missioni in Mongolia che hanno coinvolto alcune aziende nostre associate, alle quali abitualmente forniamo assistenza prima, durante e dopo il loro viaggio. Talune di esse, con la nostra assistenza, hanno avviato l’iter per l’apertura di filiali in loco.

Il 2009 si è chiuso con la partecipazione di ASSOCIM, unica istituzione italiana, allo Europe-Mongolia business forum che si è tenuto a Londra, quando abbiamo illustrato ai rappresentanti del Governo mongolo ed agli altri partecipanti le nostre attività e le opportunità in essere grazie ad esse sul binario commerciale Italia-Mongolia.

Il 2010 si apre con un importante anniversario. Quest’anno si celebrano infatti i 40 anni dall’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra Mongolia ed Italia, ed è intenzione di ASSOCIM giocare un ruolo di primo piano in quest’ottica, al fine di aiutare un numero sempre maggiore di aziende italiane a conoscere ed approfittare delle occasioni di business e di investimento fornite da un paese in grande espansione come la Mongolia.

RECENSIONE LIBRO DI GIULIO MEOTTI

Lettera inviata al Direttore di Popoli.



Caro Direttore,
sono da anni un abbonato e fedele lettore di Popoli. Mi ha colpito la pagina dei libri del numero di Gennaio 2010, interamente dedicata al Medio Oriente. La recensione del libro di Giulio Meotti Non smetteremo mai di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d’Israele – cui erano dedicate poche righe – finiva con la frase: “Un libro di vittime, ma solo da una parte.” Peccato che analoga considerazione non fosse riservata al libro di Nandino Capovilla Un parroco all’inferno. Abuna Manuel tra le macerie di Gaza, di cui invece si scrive “l’autore raccoglie una testimonianza straordinaria”. Anche Giulio Meotti raccoglie testimonianze straordinarie relative a vittime di cui si parla poco o, come in questo caso, in maniera sommaria.
Cordialmente.
Tonino Nocera.

Gentile Sig. Tonino Nocera,
grazie per la fedeltà con cui segue la rivista e per l’attenzione con cui legge i nostri vari articoli, comprese le segnalazioni librarie. L’attenzione della rivista ai drammi dell’infinito conflitto israelo-palestinese rifugge dalla logica secondo cui occorre schierarsi da una parte o dall’altra. Il tempo ha ormai evidenziato che non ci sono bianchi e neri, non c’è una separazione netta tra buoni e cattivi, torti e ragioni. Tuttavia, questo non deve obbligare a una par condicio a tutti i costi, a un cerchiobottismo che in certi casi suonerebbe falso. A libri non "simmetrici" e soprattutto a situazioni non “simmetriche” non possono corrispondere recensioni "simmetriche". Detto questo, ovviamente, le considerazioni del recensore sono personali e come tali opinabili.
Un saluto cordiale
Stefano Femminis
Direttore di “Popoli”

domenica 24 gennaio 2010

IL DISCORSO DI RICCARDO PACIFICI IN OCCASIONE DELLA VISITA DEL PAPA

Ho l'onore di porgere a Lei, Papa Benedetto XVI, Vescovo di Roma, i saluti della Comunità ebraica di Roma per la gradita visita che ha voluto riservarci in questo giorno dedicato al dialogo ebraico/cristiano e per festeggiare insieme alla nostra Comunità il Moed di Piombo. Saluto anche tutte le Autorità religiose, civili e militari, il pubblico qui presente e tutti coloro che ci seguono. Beruchim Abbaim. Benvenuti.
Quello odierno è un evento che lascerà un segno profondo nelle relazioni fra il mondo ebraico e quello cristiano, non solo sul piano religioso ma soprattutto per la ricaduta che auspichiamo possa avere tra le persone nella società civile.
La nostra è la più antica Comunità della Diaspora occidentale. Vivace, vitale, orgogliosa della propria storia, sempre più osservante delle proprie leggi e delle tradizioni. Con scuole che negli ultimi 10 anni sono caratterizzate da una crescita costante del numero degli iscritti. Una Comunità che nel corso dei secoli ma, soprattutto dopo il 1870, ha potuto dare il proprio contributo alla crescita culturale, economica e artistica non solo della nostra Città, ma dell'intero nostro Paese; che ha combattuto per l'unità d'Italia e ha difeso la Patria nel primo conflitto mondiale. Una Comunità che ha contribuito alla Resistenza e ha dato uomini politici e premi Nobel. Raccogliamo l'eredità di uomini politici come Ernesto Nathan, sindaco di Roma nei primi del '900, difensori della laicità delle Istituzioni, consapevoli nello stesso tempo di come il senso di laicità non debba mai essere in contrapposizione con il contributo che le religioni monoteiste possono dare ai più importanti dibattiti nella società in cui viviamo.
La nostra vitalità è testimoniata dalle 15 Sinagoghe oggi presenti nella Capitale, più che raddoppiate rispetto a quelle presenti nel 1986, l'ultima è la Shirat HaYam, che ha visto la luce da sei mesi a Ostia.
Prima di tutto, sentiamo il dovere di riconoscere che il nostro Rabbino Emerito Professor Elio Toaff - che saluto con devozione - e Giovanni Paolo II, al quale va un commosso ricordo, ebbero la capacità di comprendere quanto la collaborazione tra uomini delle nostre diverse religioni potessero, da Roma, realizzare aspirazioni e dare vita a "sogni". Rav Toaff, nel suo storico intervento di saluto a Giovanni Paolo II nel 1986, auspicava un impegno comune contro l'Apartheid in Sud Africa e la libertà religiosa nell'Unione Sovietica; le due vicende hanno avuto felici epiloghi.
Nella stessa occasione il mio predecessore professor Giacomo Saban, qui fra noi, auspicò l'apertura di relazioni diplomatiche fra lo Stato d'Israele e lo Stato del Vaticano. Questo "sogno" si è avverato nel 1993. La presenza del vice primo Ministro d'Israele Silvan Shalom e dei nostri amici, gli ambasciatori Mordechai Levy e Gideon Meir, testimonia come tali relazioni, siano per noi ebrei, tanto nella Diaspora che in Israele, sentite e condivise.
Per noi ebrei lo Stato d'Israele è il frutto di una storia comune e di un legame indissolubile che è parte fondante della nostra cultura e tradizione. Un diritto, che ogni uomo che si riconosce nelle sacre scritture Bibliche sa essere stato assegnato al Popolo d'Israele.
Il nostro pensiero e le nostre preghiere vanno al giovane soldato Gilad Shalit, cittadino onorario di Roma, che da 1302 giorni è prigioniero e del quale attendiamo la liberazione.
Sento il dovere di sottolineare con gratitudine che Lei è il primo Vescovo di Roma che rende omaggio alla lapide del piccolo Stefano Gay Tachè z. l., prendendo atto di come questa Sinagoga di Roma sia stata teatro di un brutale atto terroristico palestinese.
E' giunto il tempo di lavorare a nuove aspirazioni.
Desideriamo esprimerLe tutta la nostra solidarietà per gli inauditi atti di violenza di cui sempre più spesso le comunità cristiane sono oggetto in alcuni paesi dell'Asia e dell'Africa ed abbiamo la sensazione che il mondo occidentale non esprima sufficientemente il proprio sdegno. L'azione sui Governi dei Paesi in cui è vietato costruire una Chiesa o una Sinagoga dovrebbe essere più energica. Vigilare affinché i diritti fondamentali delle donne e la libertà religiosa vengano tutelati in democrazia e libertà.
Più di un milione di ebrei sono dovuti fuggire o sono stati espulsi dai Paesi arabi, alcuni dei quali oggi non tollerano i cristiani. Nel 1967 circa cinquemila ebrei sono dovuti scappare dalla Libia e si sono rifugiati in buona parte a Roma. In tale occasione la nostra Comunità ha dimostrato la capacità d'integrazione e accoglienza di una nuova presenza, dono di vitalità e dinamismo.
Desidero, inoltre, manifestarLe il nostro vivo apprezzamento per la posizione coraggiosa che Lei ha assunto sul tema dell'immigrazione. Noi, che fummo liberati dalla schiavitù in terra d'Egitto, come ricorda il primo Comandamento, siamo al Suo fianco perché tale tema venga affrontato con "giustizia".
Possiamo e dobbiamo contrastare paura e sospetto, egoismo ed indifferenza; Rafforzare la cultura dell'accoglienza e della solidarietà, dell'altruismo e della sete di conoscenza dell'altro. Dobbiamo contrastare quelle ideologie xenofobe e razziste che alimentano il pregiudizio, far comprendere che i nuovi immigrati vengono a risiedere nel nostro Continente, per vivere in pace e per raggiungere un benessere che ha forti ricadute positive per la collettività tutta. Ricordandoci che ogni essere umano, secondo le nostre comuni tradizioni, è fatto ad immagine e somiglianza del Creatore.
Siamo tutti preoccupati per il fondamentalismo islamico. Uomini e donne animati dall'odio e guidati e finanziati da organizzazioni terroristiche cercano il nostro annientamento non solo culturale ma anche fisico. Questo fanatismo religioso è sostenuto anche da Stati sovrani.
Tra questi Stati ci sono coloro che sviluppano la tecnologia nucleare a scopi militari programmando la distruzione dello Stato d'Israele e il conseguente sterminio degli ebrei, con l'intento ultimo di ricattare il mondo libero.
Per questo, dobbiamo solidarizzare con le forze che nell'Islam interpretano il Corano come fonte di solidarietà e fraternità umana, nel rispetto della sacralità della vita. In questa Sinagoga, sono presenti oggi alcuni di questi leader musulmani e con calore e affetto sento di dar loro il benvenuto.
Il peso della Storia si fa si sentire anche sull'evento di oggi con ferite ancora aperte che non possiamo ignorare. Per questo guardiamo con rispetto anche coloro che hanno deciso di non essere fra noi.
Lei ha reso omaggio a Largo 16 Ottobre, teatro del rastrellamento infame del '43; colgo per questo l'occasione di salutare con commozione e orgoglio i superstiti della Shoàh qui presenti.
Zachor et asher asà lechà Amalek - Ricorda ciò ti che fece Amalek è scritto nel Deuteronomio capitolo 25 verso 17.
Noi figli della Shoàh della seconda e terza generazione, che siamo cresciuti nella libertà, sentiamo ancor di più la responsabilità della Memoria. Chi le parla è figlio di Emanuele Pacifici e nipote del Rabbino Capo di Genova Riccardo Pacifici z. l., morto ad Auschwitz insieme alla moglie Wanda. Se sono qui a parlare da questo luogo sacro, è perché mio padre e mio zio Raffaele z. l. trovarono rifugio nel Convento delle Suore di Santa Marta a Firenze.

Il debito di riconoscenza nei confronti di quell'Istituto religioso è immenso e il rapporto continua con le suore della nostra generazione. Lo Stato d'Israele ha conferito al Convento la Medaglia di Giusti fra le Nazioni.
Questo non fu un caso isolato né in Italia né in altre parti d'Europa. Numerosi religiosi si adoperarono, a rischio della loro vita, per salvare dalla morte certa migliaia di ebrei, senza chiedere nulla in cambio.
Per questo, il silenzio di Pio XII di fronte alla Shoàh, duole ancora come un atto mancato. Forse non avrebbe fermato i treni della morte, ma avrebbe trasmesso, un segnale, una parola di estremo conforto, di solidarietà umana, per quei nostri fratelli trasportati verso i camini di Auschwitz.
In attesa di un giudizio condiviso, auspichiamo, con il massimo rispetto, che gli storici abbiano accesso agli archivi del Vaticano che riguardano quel periodo e tutte le vicende successive al crollo della Germania nazista.
Numerosi sono stati i gesti e gli atti di riconciliazione compiuti dal pontificato di Giovanni XXIII a quello di Giovanni Paolo II. Dalla Nostra Aetate alla visita che Lei ha compiuto in Israele e ad Yad Vashem, questi atti testimoniano che il dialogo tra ebrei e cattolici, seppur talvolta difficoltoso, può e deve continuare.
Sarebbe bello che da questa Sua visita possa avviarsi un ulteriore impulso alle attività di conoscenza e divulgazione dell'immenso patrimonio librario e documentario relativo alla produzione ebraica che è custodito nelle biblioteche e negli archivi vaticani.
Apriamo i nostri cuori e da questo storico incontro usciamo con un messaggio di solidarietà. Lo dobbiamo a noi stessi. Lo dobbiamo ai nostri figli. Per lasciare loro una eredità importante ed aiutarli al confronto fra individuo e individuo.
Questo è il nostro modo di intendere il dialogo fra le religioni. Affinché si possano avere figli, da una parte e dell'altra, sicuri e consapevoli delle proprie tradizioni. Aperti al confronto, nella diversità, quale comune ricchezza per una società che si vuole definire libera e giusta.

TAIPEI: DISCORSO DEL PRESIDENTE MA YING-JEOU

Ufficio di Rappresentanza di Taipei in Italia 駐義大利代表處
Path:HomeNews & InformazioniComunicati stampa
Il Discorso del Presidente Ma Ying-jeou sul 2010
Post Date:2010/1/14
Il primo gennaio scorso, durante la cerimonia di commemorazione della fondazione della Repubblica di Cina (Taiwan), il Presidente Ma Ying-jeou ha pronunciato il suo discorso alla nazione concentrando l’attenzione sul lavoro della sua amministrazione. In merito ai rapporti nello Stretto e alle relazioni internazionali del Paese, ha dichiarato, il governo opera senza che una delle due cose influenzi l’altra.

Ma Ying-jeou ha riferito che il governo cercherà un bilanciamento obiettivo tra le relazioni con la Cina continentale e le relazioni esterne, in quanto esse risultano essere complementari e possono progredire di pari passo.

Ha inoltre dichiarato che la recente distensione tra le due sponde ha permesso a Taiwan di ottenere maggior spazio sulla scena internazionale ed ha dato al suo popolo il coraggio e la volontà di proseguire su questa strada, creando un circolo virtuoso tra i rapporti con la Cina continentale e le relazioni internazionali.

In merito agli sviluppi economici, Ma Ying-jeou ha indicato come il 2010 sarà un anno cruciale per la completa ripresa della situazione interna. Il governo dovrà mostrarsi proattivo per mantenere salda la crescita economica. Per Taiwan saranno quindi necessarie la diversificazione dei settori industriali, il miglioramento di quelli tradizionali e la crescita del valore aggiunto offerto dal terzo settore, quello dei servizi.

Inoltre, in ambito internazionale, il Paese dovrà mantenere una presa salda sui trend correnti dell’economia globale, partecipando nella sempre più integrata economia dell’Estremo Oriente ed esplorando nuovi mercati.

Un altro tema affrontato da Ma Ying-jeou ha riguardato i cambiamenti climatici e il ruolo che Taiwan dovrà ricoprire in questa lotta globale. La riduzione delle emissioni di CO2 sarà, per il 2010, uno degli obiettivi nazionali. Il governo istituirà benefici fiscali, piani d’azione, programmi e incentivi per aiutare e stimolare le imprese a ridurre le proprie emissioni.

Il governo taiwanese, inoltre, aumenterà i propri sforzi per sostenere la nascente industria cosiddetta “verde”, trasformando Taiwan in uno dei principali produttori di tecnologie energetiche sostenibili.

Ma Ying-jeou ha successivamente ribadito che la ripresa dei “Colloqui dello Stretto” (lo scorso dicembre si è tenuto il quarto colloquio) è stata impostata su base paritaria. La Repubblica di Cina è una nazione sovrana e Taiwan è già da tempo una democrazia la cui sovranità risiede nelle mani del popolo. Il futuro di Taiwan è deciso dai suoi 23 milioni di cittadini.

In particolare, essendo la Repubblica di Cina una democrazia, le politiche dello Stretto dovranno essere soggette alla supervisione sia del Parlamento (lo Yuan Legislativo) sia dell’opinione pubblica. Per questo, il governo deve essere responsabile nei confronti di entrambi e deve aumentare il dialogo con i partiti d’opposizione per raggiungere il consenso e guadagnare sostegno.

Il Presidente Ma ha infine evidenziato l’importanza che i partiti di maggioranza e di opposizione ingaggino la via del dialogo e della cooperazione sugli argomenti chiave della politica. Sono molti i temi sui quali i diversi partiti possono collaborare, al fine di promuovere la prosperità e il progresso di Taiwan. Essere testimoni di questa cooperazione è un desiderio non solo del Presidente, ma di tutta la popolazione taiwanese.

giovedì 21 gennaio 2010

TERRA PROMESSA

L’ONU ha definito quella del Darfur una delle più gravi crisi mondiali. Eppure se ne parla poco. Trecentomila morti e due milioni di sfollati. Cui si aggiungono quelli che scappano dalla Somalia e dall’Eritrea. Tutti, attraverso il deserto della Nubia, raggiungono l’Egitto. Da dove tentano di andare in Europa e, da qualche tempo, in Israele. A questi ultimi è dedicato il documentario Terra Promessa (sul sito www.coordinazionedarfur.org è possibile vedere il trailer) realizzato da Raphael Broniatowski, coordinatore dell’Operazione Darfur attuata dal Comitato Provinciale della CRI di Padova in collaborazione la Stultiferanavis e il Segretariato Italiano Studenti di Medicina. Broniatowski si è recato in Israele e con l’aiuto dei suoi fratelli Simon e Mathias, del Magen David Adon (società sorella della C.R.I.) e dell’Israeli Coalition for Darfur, (coordinamento tra le associazioni che operano per il Darfur) ha girato il documentario che narra la storia di chi raggiunge Israele per sfuggire a un destino di miseria e morte. Ha incontrato profughi e volontari a Tel Aviv. Si è recato nel deserto del Negev, dove ha parlato con i soldati che pattugliano il confine con l’Egitto. A Eilat, sul Mar Rosso, ha intervistato John e Tesfa due giovani asmarini in fuga dal loro paese. Uno dei due era militare dall’età di otto anni e se tornasse in patria, sarebbe fucilato. I due raccontano tutte le varie fasi del viaggio. Dall’Eritrea al Sudan a piedi attraverso il deserto: senza acqua e senza cibo. Hanno raggiunto l’Egitto in macchina, corrompendo i soldati al confine. Poi sono stati accompagnati alla frontiera con Israele e dopo averla attraversata, hanno atteso sulla ROAD 10 (la strada che segna il confine tra Israele ed Egitto) di essere intercettati da una pattuglia di Tshal. I soldati israeliani hanno l’obbligo di assistere i profughi, infatti, i due sono stati condotti in una base militare. Dove hanno ricevuto cure, viveri e vestiario e, per la prima volta dopo cinque mesi, si sono lavati. Per i profughi sudanesi il problema è più delicato, perché essendo il Sudan in guerra con Israele, formalmente sono nemici. Ma, come dirà nel filmato Alon - un giovane politico israeliano - essi non trovano in Israele tutto quel male con cui il paese è descritto. John e Tesfa hanno paura, perché se in Eritrea si sapesse della loro fuga, i genitori sarebbero arrestati. Sperano, però, di poter restare in Israele. Raphael incontra Tamir e Bella, due signore di Tel Aviv, che hanno creato un’associazione per aiutare gli immigrati. Grazie a loro, infatti, John e Tasfa hanno trovato lavoro in un albergo di Eilat. Tamir e Bella hanno chiamato la loro associazione Tamirbella o come dicono scherzando in italiano: “T’ami bella”. L’esodo dall’Africa, causato da guerra e miseria, è inarrestabile. Solo una politica globale concertata tra stati potrà risolvere il problema e colpire chi lucra sulle tragedie di milioni di uomini.

Tonino NOCERA