lunedì 28 dicembre 2009

LO SCONFINATO ALTRUISMO DI TAIWAN

Taiwan è un paese straordinario e una moderna democrazia. Ha un’economia sviluppata e un settore tecnologico ed elettronico all’avanguardia. Pochi, però, conoscono il suo ruolo nel campo della solidarietà internazionale. Il governo di Taipei conduce un’avanzata politica di sostegno ai paesi in via di sviluppo e di aiuto in occasione di calamità naturali. Purtroppo, le numerose risorse di cui Taiwan dispone in ambito sanitario non possano essere fruite da tutti i paesi del mondo: infatti, molte nazioni ignorano questa potenzialità. Se la spinta propulsiva è governativa, sono numerose le iniziative che provengono da fondazioni o altri organismi privati. Tra le tante ricordiamo la Fondazione Tzu Chi che ha aiutato le vittime dell’uragano Katrina o l’Ospedale Cristiano Pingtung che ha costruito in Malawi un centro per i malati di Aids. Numerosi medici non si limitano a esercitare la propria professione in patria ma scelgono di andare all’estero per portare soccorso ai tanti bisognosi. Ma non solo medici, nel 2006 la modella Chiling Li è stata portavoce di un progetto per aiutare i malati di Aids e i bimbi orfani per colpa dell’Aids. La scelta solidale di Taiwan scaturisce sia dagli aiuti che la nazione orientale ha ricevuto dalla comunità internazionale nei suoi primi anni di vita e che gli hanno consentito di raggiungere i traguardi odierni sia dall’art. 141 della Costituzione che, tra l’altro, afferma che i compiti della politica estera sono anche di promuovere la giustizia internazionale, la cooperazione e la pace nel mondo. Un gesto di gratitudine nei confronti del mondo e un profondo sentimento di solidarietà e giustizia sancito dalla legge suprema dello stato. Il primo atto di quest’azione di cooperazione internazionale accadde nel 1959 quando una squadra di specialisti agricoli fu inviata in Vietnam per sostenere lo sviluppo agricolo. Seguita nel 1960 dall’Operazione Vanguard destinata ad aiutare i paesi africani sempre in campo agricolo. Da allora il cammino si è fatto più spedito e più incisivo. Taiwan ha donato apparecchiature per il funzionamento dei governi di Isole Salomone, Kiribati, Tuvalu, Palau e Nauru. Ha contribuito alle spese finanziarie per i governi di Swaziland, St. Christopher e Nevis, S. Vincent, Grenadine e Belize. Ha aiutato i bambini poveri di Repubblica Dominicana, Haiti, Paraguay e Panama. Ha sostenuto il Burkina Faso nella produzione del liquore Gaoliang e le Isole Salomone nel settore turistico. Ha realizzato progetti idroelettrici in Honduras, Nauru, Nicaragua e Sao Tome e Principe. Ha costruito o riparato aeroporti, autostrade e porti in Gambia, Sao Tome e Principe, Swaziland, Guatemala, Haiti e Nauru. Ha distribuito materiale informativo ed educativo, attrezzature scolastiche in Gambia, Isole Marshall e Guatemala. Ha anche contribuito alla salvaguardia dell’ambiente con una campagna di forestazione nelle Isole Salomone; lo smaltimento di acque inquinate a Palau e di rifiuti a Tuvalu e la lotta alla desertificazione in Honduras. Talvolta, un canale seguito per gli aiuti umanitari è quello della Santa Sede. Colombia, Pakistan e Congo sono alcuni dei paesi che hanno fruito di aiuti tramite questo strumento diplomatico. Un ruolo rilevante è costituito dalla donazione di riso: migliaia di tonnellate ogni anno sono inviate gratuitamente all’estero. Sono state anche istituite borse di studio per consentire ai giovani di proseguire gli studi a Taiwan. Nel 2008, oltre millecinquecento giovani provenienti da tutto il mondo ne hanno fruito. Altre risorse sono destinate alle organizzazioni internazionali che operano a favore dei paesi in via di sviluppo. Un’azione quindi complessa e articolata ma che riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Tonino NOCERA
pubblicato da Calabria Ora il 28 dicembre 2009

domenica 6 dicembre 2009

DARFUR

Italian Blogs for Darfur
domenica, dicembre 06, 2009
Appello per sospendere la condanna a morte di sei bambini
di Antonella per Italians for Darfur ONLUS

Un appello per chiedere la sospensione definitiva delle condanna a morte di sei bambini di etnia Fur accusati di far parte del Justice and Equality Movement, uno dei movimenti ribelli più importanti del Darfur. Come appreso dal Sudan Tribune lo scorso novembre, la sentenza non è al momento esecutiva, ma chiediamo che essa venga ufficialmente cancellata.
Anche Articolo 21 e altre associazioni hanno raccolto e rilanciato l’iniziativa promossa da ‘Italians for Darfur’ che continua a denunciare la violazione dei diritti umani in Sudan.
I sei minori, di età compresa tra gli 11 e i 16 anni, sono accusati con altri 150 guerriglieri di aver partecipato all’attacco del 2008 nella capitale sudanese che causò oltre 300 vittime.
Il tribunale di Khartoum ha emesso finora oltre 100 condanne a morte, molte delle quali già eseguite.
Con questo appello chiediamo al Governo sudanese di sospendere la sentenza ma anche di approfondire le responsabilità del coinvolgimento di questi bambini in azioni di guerra.
Va accertato se il Jem, come purtroppo al momento possiamo solo supporre, abbia impiegato bambini soldato nell’attacco a Khartoum e se continui ad arruolare minorenni sottraendoli con la forza alle loro famiglie, negandogli così di vivere l’infanzia e l’adolescenza che gli sono dovute.