sabato 21 giugno 2008

INCUBO

Dopo essere sbarcato all’Aeroporto Sandro Pertini di Torino mi avviavo all’uscita, cercando in borsa il biglietto di ritorno e la prenotazione alberghiera. Sperimentavo per la prima volta le nuove norme contro la ‘ndrangheta. Dopo l’emergenza rom, era stata l’emergenza calabresi a tener desta l’attenzione della stampa e dei politici. La capacità di penetrazione delle cosche calabresi nel tessuto sociale ed economico del Nord aveva raggiunto livelli allarmanti. Per questo motivo si era deciso di alzare il tiro e colpire tutta quell’area che potenzialmente poteva essere contigua con le cosche: i calabresi. I prefetti dei capoluoghi di regione del Nord erano stati nominati alti commissari per l’emergenza calabresi con competenza su tutto il territorio regionale. Si era quindi proceduto a un censimento dei calabresi residenti. Coloro che erano pregiudicati o parenti di pregiudicati erano stati allontanati. Erano aumentati i controlli per coloro che dalla Calabria si recavano al Nord. Era necessario chiarire i motivi del viaggio, dimostrare di avere un alloggio per tutta la durata del soggiorno ed esibire il biglietto di ritorno. Anche le richieste di residenza erano passate al setaccio e molti erano i dinieghi. Qualche possibilità c’era per le grandi realtà urbane: i piccoli centri, invece, si erano chiusi a riccio. Ogni richiesta di residenza era vista come un tentativo di scardinare la serenità quotidiana. La stampa aveva contribuito con editoriali e analisi di “altissimo livello”. Era stata evidenziata l’alta percentuale di criminali tra i calabresi. I forti legami familiari tra gli adepti alla ‘ndrangheta che rendevano difficile l’azione delle forze dell’ordine. Mentre pensavo tutto questo l’addetto alla sicurezza mi chiese le ragioni del viaggio; poi esibii la prenotazione alberghiera e il biglietto di ritorno. Nel contempo tornavo a riflettere che tutto questo era ingiusto: bisognava colpire i singoli criminali e non i popoli. Non era colpa mia se ero calabrese e se in Calabria c’era una potente organizzazione criminale. Ma mentre riflettevo, mi sentii scuotere con forza e udii la voce di mia moglie: “Cosa non è giusto?”. Era stato solo un incubo: per ora.
Tonino NOCERA